Avete ancora un po’ di tempo per partecipare al Premio Remo Chiosso 2019 con un vostro gioco di conversazione e bluff. Per saperne di più leggete il bando su questa pagina.

 

Da due anni il Premio Remo Chiosso è dedicato non più ai murder party ma ai “giochi di conversazione e bluff”.
Ma cosa sono? Da cosa di differenziano dai classici board games come Risiko, Monopoli, Ticket to ride o Coloni di Catan?
Per spiegarlo facciamo un esempio pratico. Immaginiamo di aver invitato diverse persone a casa nostra. È una piacevole serata ma state notando che non c’è interscambio al di fuori della propria cerca di amici.
Vorreste favorire la reciproca conoscenza, ma come? Sicuramente un gioco andrebbe al caso vostro ma quale? I vostri amici non sono dei “gamers”, anzi, sono proprio di quei tipi che pensano che “giocare” sia una attività da ragazzini. La soluzione potrebbe essere un party game molto soft, che coinvolga i presenti dai loro posti, senza necessità di affollarli attorno ad un tabellone, con regole semplicissime, una buona dose di bluff – cosa che piace sempre – e regole che si spiegano in un minuto: insomma, un gioco di “conversazione e bluff”.
Si tratta di un genere di giochi che in passato veniva definito “parlour games” o “giochi di salotto”. I “parlour games” hanno conosciuto il loro periodo di massima diffusione durante l’età vittoriana, in Inghilterra; un dato che confuta il mito che l’epoca vittoriana – quella in cui “visse” Sherlock Holmes per intenderci – fosse seriosa e poco divertente.


I GIOCHI DI CONVERSAZIONE IERI (ma validi ancora oggi)

Charades

“Charades” è il gioco dei mimi. Due squadre, a turno, designano un mimo che deve fare indovinare alla propria squadra, unicamente tramite gesti, una frase, un personaggio celebre, un titolo, o altro. Sarebbe impossibile elencare le innumerevoli varianti che, nel corso del tempo, ha avuto questo gioco. Sicuramente tra quelle di maggior successo c’è “Il gioco del cinema”, nel quale bisogna mimare e indovinare titoli di film.

“Fictionary”

E’ il “gioco del vocabolario”: il giocatore di turno sceglie e legge ad alta voce (consultando un vocabolario), un termine non comune e di non immediata comprensione, ne scrive quindi la definizione su un foglietto di carta. Gli altri giocatori, a loro volta, scriveranno la loro definizione (non quella giusta, ma quella che reputano verosimile) su un foglietto di carta in loro dotazione. Si raccolgono quindi le definizioni di tutti i giocatori e si mescolano assieme a quella giusta. Fatto ciò si leggono casualmente, ad alta voce, una per una.
Il compito dei giocatori, a questo punto, è quello di votare la definizione che, secondo loro, è quella giusta. I giocatori ricevono un punto per ogni voto ricevuto dalla loro definizione.

“Cadaveri squisiti”

E’ un gioco che ha una storia più recente rispetto ai “parlour games” ottocenteschi perché è stato ideato ai primi del novecento da un gruppo di surrealisti francesi anche se basato su un’idea non del tutto originale. “Cadaveri squisiti” è infatti “figlio” di “Consequence”, un gioco ben più antico, in cui i giocatori ideavano una storia basandosi su una costruzione prestabilita delle frasi.
Le regole di “Cadaveri squisiti” non fanno altro che indicare le parti del discorso nelle quali una storia deve essere articolata. Possono per esempio stabilire che deve contenere queste informazioni:

  1. il nome del protagonista maschile
  2. un aggettivo che lo caratterizza,
  3. il nome della protagonista femminile,
  4. un aggettivo che la caratterizza,
  5. dove si sono incontrati lui e lei, 
  6. quali incontri fanno,
  7. cosa indossano,
  8. cosa dicono …. ecc. ecc.

Quanto al meccanismo, il giocatore di turno scrive su un foglio di carta l’ informazione n. 1, piega il foglio fino a nascondere il testo appena scritto ma facendo attenzione a lasciare visibile solo una parola. Il foglio così piegato veniva passato al secondo giocatore che, riallacciandosi alla parola che legge continua scrivendo l’ informazione n. 2 e così via…

“Cadaveri squisiti” deve lo strano nome all’incipit della prima storia ideata nella sessione di gioco dei surrealisti: “Le cadavre exquis boira le vin nouveau“.

André Breton scrive che il gioco si è sviluppato con artisti del calibro di Yves Tanguy, Marcel Duchamp, Jacques Prévert, Benjamin Péret, Pierre Reverdy e sembra che anche Henry Miller ne fosse appassionato.

Twenty Questions

E’ un gioco originario degli Stati Uniti. Ogni giocatore, a turno, scrive su un foglio di carta il nome di un personaggio celebre e tutti gli altri devono cercare di indovinarlo facendo domande alle quali è possibile rispondere solo con un “Si” o con un “No”.

I GIOCHI DI CONVERSAZIONE OGGI

I giochi di oggi (indomimando, Bla Bla Bla, Plagio, Taboo, Dixit, ecc.) prendono molti spunti dalle idee del passato.
Ce ne sono alcuni, tuttavia, che meritano una citazione perché aggiungono qualcosa di nuovo alle meccaniche viste nei giochi di una volta.

“Mafia”

“Mafia” è il capostipite di un gran numero di varianti, la più famosa delle quali è probabilmente “Werewolf” (o “Lupus in Tabula” nella più diffusa versione commerciale italiana). Il sistema di gioco resta lo stesso ma cambia l’ambientazione.
Ma in principio c’era senza dubbio lui, “Mafia” un gioco creato negli anni ottanta da Dmitry Davidoff, uno studente russo di psicologia. Davidoff riuscì a trasferire in un gioco la simulazione di un conflitto tra una minoranza informata (la mafia) e una maggioranza non informata (i legali).
A ciascun giocatore viene segretamente assegnato un ruolo affiliato ad una delle due fazioni (mafiosi/legali). La risoluzione dei momenti più critici della partita avviene attraverso un’ originale fase che si svolge “ad occhi chiusi” sotto la guida verbale dal conduttore, una sorta di narratore e di arbitro.
Il gioco si svolge sostanzialmente in due fasi che si alternano tra loro: quella “ad occhi chiusi”, durante la quale la mafia può “uccidere” un innocente, e quella in cui i giocatori sopravvissuti discutono su chi, tra loro, potrebbe essere un “mafioso” e votano per eliminarlo.
Il gioco continua fino a quando tutti i giocatori “mafiosi” sono stati eliminati o, al contrario, tutti i giocatori “legali” sono stati “uccisi”.
Warewolf” ha lo stesso meccanismo ma con un ambientazione diversa e più gotica: i mafiosi qui diventano dei lupi mannari e gli i legali sono gli abitanti innocenti di un villaggio.
Ma ovviamente, un meccanismo così originale non poteva che prestarsi non solo a differenti ambientazioni ma anche a varianti che hanno cercato di migliorare i punti deboli. The Resistence, Avalon e Secret Hitler, ne sono un perfetto esempio perché superano il problema (pur non particolarmente sentito considerata la brevità del gioco), dell’eliminazione diretta dei giocatori dal gioco. In questi due titoli i giocatori sono presenti fino alla fine perché la condizione di vittoria di una fazione non è l’eliminazione dei personaggi ma il varo di leggi liberali (secret hitler) o il maggior numero di missioni approvate da una certa fazione (Avalon e The Resistence).

Spyfall

Anche Spyfall è un perfetto esempio di gioco di conversazione. I materiali sono ridotti all’osso e – cosa importante se si è in tanti – si può giocare anche restando comodamente seduti nelle proprie poltrone.
Il gioco è formato da pochissimi materiali, tanto che si può benissimo improvvisare con carta e matita. Il gioco commerciale prevede che a tutti i giocatori vengano distribuite delle carte (nascoste) che contengono il nome di un luogo (per es. cinema, nave, spiaggia, ecc.), tutte tranne una che contiene invece, la scritta “Spia”.
In questo modo tutti i giocatori, tranne uno, sapranno dove si trovano (al cinema, su una nave, sulla spiaggia, ecc.) ma un solo giocatore (la spia) non conosce il luogo dove ci si trova.
Le condizioni di vittoria sono semplici: tutti i giocatori “legali” vinceranno la partita se riescono a individuare la spia che si nasconde tra loro. La spia vince, invece, se riesce a indovinare il luogo.
Il meccanismo è altrettanto elementare: ogni giocatore, a turno, porge una domanda ad un altro giocatore a sua scelta, nella speranza di scovare la spia. Per farlo ha a disposizione una domanda che riguarda un aspetto o una caratteristica del luogo scritto sulle carte.
Se, per esempio il luogo è una spiaggia, una buona domanda potrebbe essere: “C’era molta gente ieri nel posto dove ci troviamo?”
Naturalmente se la domanda viene posta alla spia, questa,  non avendo idea del dove ci si trovi, e per evitare di essere scoperto, deve fingere sicurezza dando una risposta necessariamente vaga. Per esempio potrebbe dire:  “Dipende dall’ora!”

“Coup”

“Coup” è fondamentalmente un gioco di carte ma per un buon numero di giocatori e con l’accento sulla interazione verbale e sul bluff. Per questo lo mettiamo a pieno titolo tra i giochi del genere che stiamo trattando. Il titolo originale (ne sono state pubblicate molte varianti) ha una ambientazione settecentesca con personaggi quali il Duca, l’Ambasciatore, il Capitano, l’ Assassino, la Contessa. “Coup” sta per “Colpo di stato” e i giocatori interpretano delle fazioni in lotta tra loro per controllare i personaggi chiave del potere politico ed economico dello Stato. 

Lo scopo del gioco è quello di eliminare tutti i personaggi controllati dagli altri giocatori e nel contempo controllarne almeno uno. La grande originalità di Coup sta nella circostanza che si gioca a carte coperte. I controlli dei personaggi (e dei loro poteri) sono solo dichiarati. Si può per esempio dichiarare di avere l’Assassino (senza mostrare la relativa carta) e quindi (pagando tre monete) voler eliminare un certo personaggio.  Gli altri giocatori possono credere che l’assassino sia effettivamente tra i personaggi controllati dal giocatore di turno oppure no. Dubitare può essere pericoloso perché può costare il controllo di un personaggio. Ad ogni modo se l’azione annunciata dal giocatore di turno non viene contestata da nessun avversario, può essere portata a termine con successo, in caso contrario occorre dimostrare di avere la carta dichiarata.

Insomma Coup è un gioco che non ha tempi morti (si gioca contemporaneamente al giocatore di turno), è praticamente privo di componente “fortuna”, poiché non ci sono dadi da gettare ed è fondato sulla abilità di convincere gli altri giocatori di possedere davvero un certo personaggio. Insomma bisogna saper bluffare.

Abbiamo parlato dei giochi di conversazione e bluff più diffusi ma  la carrellata non è certamente esaustiva.  Ci farebbe anzi piacere sapere se qualcuno di voi ha un titolo che preferisce e gli farebbe piacere recensire. Saremmo lieti di ospitare contributi di questo tipo.