Dal 1 febbraio un fantastico appuntamento per tutti gli abbonati del Taccuino! Sarà infatti disponibile “Il mistero del dramma scozzese”. Abbiamo intervistato le autrici.
“Il mistero del dramma scozzese” è stato uno dei murder party più apprezzati dai giurati dell’ultima edizione del Premio Remo Chiosso. Ed infatti si è piazzato al secondo posto con questa motivazione: “Un’opera molto ben scritta, che ha la ricchezza e la profondità di un romanzo. Uno spunto Shakespeariano è il pretesto per costruire una storia originale e intrigante. Si apprezza il lungo lavoro di ricerca del dettaglio e di approfondimento sul background dei personaggi”.
Silvia Setti e Elena Carpi sono in realtà delle “vecchie” conoscenze perché con il loro murder party “La vendetta dell’alce” avevano vinto l’edizione 2012 del Premio Remo Chiosso. Avrebbero bissato la vittoria anche quest’anno se non avessero incontrato sulla loro strada l’ottimo “Notizie dall’artico“, di un’altra coppia esperta di autori di murder party: Ivan Bonizzi e Giuliio Gargioni, che l’hanno spuntata per un soffio.
Incuriositi dalla inusuale ambientazione del loro “dramma scozzese”, abbiamo posto qualche domanda alle autrici. Eccole:
Complimenti innanzitutto, i vostri murder sono affascinanti nelle ambientazioni e molto curati e dettagliati. Sono, e non è affatto scontato – molto ben scritti e sembra che siano il frutto di molte sessioni di playtesting. È così? Riuscite a giocare spesso a provare i vostri murder?
Più che di playtesting si tratta di numerosi brainstorming… purtroppo un po’ per problemi geografici (sperdute nella campagna mantovana) e un po’ per vari inconvenienti non riusciamo affatto a giocare quanto vorremmo… Le sessioni numerose sono quelle di scrittura, revisione e riscrittura, per controllare che ogni pezzetto stia con l’altro e che tutto fili come in un romanzo. La scelta di rendere i personaggi ricchi di particolari ha proprio questo scopo: rendere gli attori liberi di interpretare situazioni e avvenimenti avendo però ben chiaro chi sono e che cosa è successo… dal loro punto di vista. Da parte mia l’impegno più grande credo che sia dare a ogni personaggio un lato “bello” (buffo, divertente o carismatico che renda il giocatore “forte” del suo ruolo) e al contempo un lato un po’ più notturno su cui far vertere i punti di vista differenti sulle varie situazioni e gli equivoci. Certo, quando riusciamo proviamo i nostri giochi, ci piace un sacco giocare!
Come mai questa ambientazione shakesperiana? Come vi siete accostate a questo grande autore?
Shakespeare è un pallino di entrambe… per me uno degli autori preferiti in assoluto. Si presta ad un murder già per le atmosfere cupe, a tratti gotiche e solenni… pullula già di per sè di omicidi e maledizioni. Abbiamo discusso su quale opera si prestasse di più e alla fine la scelta è caduta sul Dramma Scozzese per la sua storica scia di sventura: l’ambientazione è tanto, immaginare giocato il Dramma in un vero teatro ha guidato la parte più grossa del lavoro, la nota eccentricità di attori e frequentatori di teatro ha fatto il resto. Credo che il trucco sia anche questo: una location popolare e una situazione conosciuta rendono credibile il gioco, inserire caratteristiche che lo rendono divertente aiutano a essere creativi nel giocarlo e difendere il proprio personaggio in ogni evenienza.
Dal vostro murder si desume una ottima conoscenza dei meccanismi teatrali e di ciò che succede “dietro le quinte”. Avete qualche esperienza teatrale diretta?
L’esperienza più grande in questo senso è di Elena, è lei che ha studiato storia del teatro. Io le ho chiesto se fosse plausibile il meccanismo e lei ha studiato il tutto perchè fosse attinente alla realtà. La mia esperienza di teatro è da mera spettatrice. Ci siamo anche informate da un amico elettricista per non cadere su inezie riguardo quadri elettrici e controlli a distanza. Non mi piacciono i mezzi più ovvi: progettare un omicidio deve richiedere un minimo di creatività… Armi del delitto come le lame richiedono vicinanza corporea, le armi da fuoco sono troppo facili da sentire e in Italia possederne non è così ovvio; anche sui “veleni” ho delle riserve, sono veramente poche le sostanze che uccidono e basta, la maggior parte provocano sintomi importanti che lascerebbero alla vittima tutto il tempo di parlare dell’accaduto… Progettare un omicidio “a distanza” (la manovella, la testa d’alce) permette all’assassino di allontanarsi dalla scena e giocarsela con gli altri. Per di più, nei nostri giochi, le cose non sono mai come sembrano: nessun efferato criminale, solo persone con caratteri e vissuti, chiunque può uccidere se arriva al punto di rottura e nessuno è veramente innocente.
Avete altri progetti nel cassetto? Con quali ambientazioni?
A parte un altro Murder nel cassetto al quale lavoravamo quando ho avuto l’idea del Dramma (una location molto particolare e personaggi di una certa levatura, dico solo che l’argomento principale è la botanica) vorremmo esplorare anche cose nuove: qualcosa di più “teatrale”, magari, e stiamo provando a sfidarci con un thriller. Per il prossimo Premio Chiosso chissà… aspetto una buona idea e mi impegno a ridurre un po’ il numero di pagine, non vorrei vi ritrovaste in mano Guerra e Pace…
Lavorare a quattro mani è facile o difficile?
Lavorare a quattro mani a tratti crea qualche difficoltà: si discute, un po’ si litiga, si cerca di convincersi l’una con l’altra di cosa sia meglio… Eppure io ed Elena siamo buone amiche da 25 anni e ci conosciamo bene perciò facciamo delle nostre diversità un punto di forza. Lei ha il dono della sintesi, io gioco con i concetti e le parole (da brava filosofa…); io scrivo a braccio e lei corregge le bozze. Le idee invece le buttiamo giù assieme: a tavolino, armate di caffè e fogli di carta appuntiamo tutto quello che ci viene in mente e scartiamo via via ciò che non ci convince. Seguono lunghe (divertenti) sessioni di rilettura e correzzione e alternative tra cui scegliere… lavoriamo tanto ma ci facciamo anche parecchie risate…